La pelle a tavola: la relazione tra dieta e malattie dermatologiche
La dieta può influenzare in maniera rilevante lo stato di salute. Se i dati più consistenti riguardano le malattie cardiovascolari, non bisogna trascurare il ruolo giocato da fattori dietetici in numerose patologie dermatologiche.
Sono sempre più numerose le ricerche che dimostrano l’importanza che gioca l’alimentazione nella prevenzione delle malattie umane.
Il rapporto più chiaro tra alimentazione e salute riguarda le malattie cardiovascolari, ma cosa si sa del rapporto tra dieta e malattie della pelle? Ci sono cibi utili per prevenire o trattare alcune malattie della pelle? E la quantità di ciò che mangiamo ogni giorno è importante per la nostra pelle? Sono alcune delle domande che ci si può porre pensando all’associazione tra alimentazione e benessere cutaneo. Ai nostri giorni, almeno nelle società sviluppate, non sono tanto la malnutrizione e le carenze alimentari a determinare malattie della pelle, quanto gli eccessi e gli squilibri di diete troppo ricche.
Il latte: un sistema di trasfezione genica associato all’acne
Si può partire, per affrontare il problema, dagli indigeni Kitava dell’isola di Papua nella Nuova Guinea e da quelli Aché della foresta del Paraguay, studiati da Loren Cordain ricercatrice dell’Università del Colorado. La dieta dei Kitava e degli Archè è rappresentata in larga parte da tuberi, frutta, pesce e carne di cacciagione, ed è pressoché priva di latticini, olio, margarina, cereali e zucchero raffinato. I carboidrati contribuiscono per il 70% all’apporto energetico totale, ma hanno un “carico glicemico” assai basso. In altre parole incidono assai poco sulla glicemia e comportano una bassa risposta in termini di innalzamento dei livelli di insulina.
Nelle due popolazioni studiate da Loren Cordain, l’acne è assente, mentre è pressoché costante tra gli adolescenti del mondo occidentale. Quali motivi? La dieta dei giovani adolescenti dei paesi sviluppati ha un elevato carico glucidico e provoca, di conseguenza, un’elevata secrezione di insulina, la quale, a sua volta, favorisce la comparsa di alterazioni funzionali nella ghiandola sebacea che facilitano la comparsa dell’acne. Accanto a dati epidermiologici, sono disponibili due piccoli studi randomizzati che documentano come l’adozione di una dieta a basso carico glucidico rispetto a una dieta convenzionale possa portare a un miglioramento dell’acne. Tra gli alimenti, è soprattutto il latte con i prodotti da esso derivati, a produrre i più alti livelli plasmatici post-prandiali di insulina e di insulin-like growth factor-I (IGF-I). Dati da vari studi epidemiologici, incluso uno studio caso-controllo del Gruppo Italiano Studi Epidemiologici in Dermatologia (Gised) che ha coinvolto oltre 500 adolescenti, mostrano come un elevato consumo di latte, specie se parzialmente scremato, influenzi la gravità dell’acne. Secondo Bodo Melnik, il latte non è un semplice alimento bensì un sistema complesso di trasfezione genica, di introduzione di materiale biologico esogeno e di supporto anabolico per una rapida crescita dei mammiferi nei primi mesi di vita. L’introduzione di latte porta all’attivazione della via di segnale della chinasi, nutriente-sensibile, definita come “mechanistic target of rapamycin complex 1” (mTORC1). Un elevato consumo di latte durante l’adolescenza e l’età adulta, si associa a una persistente attivazione di mTORC1 che può avere importanti conseguenze metaboliche. In particolare, si riduce il contenuto nucleare del fattore di trascrizione denominato come “Forkhead box class 01° transcription factor” (Fox01). Un deficit di Fox01 è associato a tutti i principali fattori patogenetici identificati nell’acne, la trans-attivazione del recettore per gli androgeni, la comedogenesi, l’aumento di lipogenesi sebacea, l’infiammazione follicolare.
Oltre al latte e derivati, anche altri fattori dietetici possono essere in causa nell’acne. Lo studio caso-controllo condotto nell’ambito della rete Gised, già menzionato, ha mostrato come una dieta ricca di frutta, verdura, pesce, possa avere un effetto protettivo sulla gravità della malattia. Il consiglio, in ultima analisi, è quello di dare peso alla dieta dei pazienti acneici.
Psoriasi, obesità e adipochine
Dall’acne alla psoriasi il passo, in termini alimentari, non è poi così lungo. La psoriasi è una malattia immuno-mediata in cui si assiste a un accelerato turnover dei cheratinociti associato a un processo infiammatorio connesso con l’espansione e attivazione di linfociti T helper (Th) Th1, Th17 e Th22 con produzione di citochine come interferon gamma, tumor necrosis factor (TNF), interleuchina (IL)-17 e IL-22.
Per anni, la ricerca eziologica sulla psoriasi si è prevalentemente concentrata sulla genetica con l’identificazione di numerosi “geni di suscettibilità”. In anni recenti, è emersa l’importanza di alcuni fattori ambientali nel modulare la comparsa e la gravità della malattia. Si deve, in buona parte, a studi italiani la comprensione dei rapporti tra dieta, apporto calorico e psoriasi. Oltre il 60% dei pazienti con psoriasi è in sovrappeso o francamente obeso ed è ormai largamente accettato che il sovrappeso e l’obesità siano fattori che influenzano la comparsa della psoriasi, la gravità della malattia e la risposta ai trattamenti. Recentemente, uno studio clinico che ha coinvolto oltre 300 pazienti, sostenuto dalla Regione Emilia Romagna e coordinato dal Centro Studi Gised di Bergamo, ha mostrato come l’adozione di una dieta ipocalorica associata a un aumentato esercizio fisico che comporti una riduzione anche modesta (inferiore al 5%) del peso corporeo può avere un importante effetto benefico sulla psoriasi in pazienti con psoriasi sovrappeso od obesi in trattamento sistemico. Le ragioni dell’influenza del peso corporeo sulla psoriasi sono molteplici. Il tessuto adiposo non svolge solo funzioni di deposito energetico o di produzione di lipidi, esso è anche un organo con funzioni endocrine e secretorie ed è riconosciuto come componente del sistema dell’immunità innata. Il tessuto adiposo produce ormoni come le adipochine e una varietà di citochine pro-infiammatorie come IL-6 e TNF. Tra le adipochine, hanno particolare importanza le leptina e l’adiponectina. I livelli plasmatici di leptina sono correlati direttamente con la massa del tessuto adiposo. Accanto al controllo dell’appetito, svolto a livello ipotalamico, la leptina regola un’ampia gamma di funzioni biologiche come l’omeostasi energetica, l’ematopoiesi, e alcune risposte immuni. Recettori per la leptina sono presenti in vari tessuti. La leptina attiva monociti e macrofagi e potenzia la produzione di citochine pro-infiammatorie come TNF, IL-6 e IL-9. Essa orienta la differenziazione dei linfociti verso un fenotipo Th1 e stimola la proliferazione dei cheratinociti e l’angiogenesi. Al contrario della leptina, l’adiponectina ha effetti anti-infiammatori e inibisce la produzione di TNF. I livelli di adiponectina sono ridotti nell’obesità, nella sindrome metabolica e nella psoriasi. Il rapporto tra obesità e psoriasi è evidente anche nel bambino: una ragione, in più, per favorire una sana alimentazione e controllare il peso fin dall’infanzia.
Molte altre malattie dermatologiche hanno documentati rapporti con l’alimentazione, basti citare l’orticaria, la dermatite atopica, alcune malattie bollose, alcuni tumori cutanei. In conclusione, anche considerando i problemi dermatologici, possiamo affermare che, almeno in parte, “siamo ciò che mangiamo”.